• Rimini - Dakar

    Rimini - Dakar

    22/12/2011 - 07/01/2012

    Raid con percorso stradale con varianti off-road

7 gennaio 

stasera dopo aver sorseggiato, per meglio dire smezzato una bottiglia di Primitivo di Manduria preso dal vignaiolo sotto casa, rileggo il post di Mirco al quale rispondo solo ora. Non sapevo cosa dire, non riuscivo a trovare le parole - anche ora scarseggiano - per raccontare questo raid, sognato, desiderato e pianificato da Mirco. Considerando le distanze, le incognite e gli imprevisti che sempre aleggiano come degli avvoltoi su qualunque percorso si decida di fare, questa esperienza che ha coinvolto tutti noi è nata sotto una magnifica stella. Ognuno ha collaborato nell'impresa dando il proprio apporto, il team Azzurrorosa in primis, e poi tutti noi. Perchè quando c'è coesione fra le persone diventa qualcosa di inspiegabilmente armonico, tutto funziona alla perfezione, si entra in sintonia con gli altri e sembra quasi di conoscersi da una vita, amici di lunga data che non si vedevano da tempo. Si beve dalla stessa bottiglia, si divide un pezzo di pane, ci si aiuta e ci si abbraccia, ci si emoziona per la stessa cosa senza che nessuno abbia aperto bocca. Questa è la magia che ci ha accompagnato in questi 4500 km da Rimini a Dakar.


Dakar: un viaggio a ritroso nel tempo.
E' il giorno del mio compleanno, mia mamma mi ha preparato la festa, come ogni anno festeggio questa ricorrenza in famiglia, tutto scandito alla perfezione ... cena, dolce con spumante e regalo. La torta è sempre la stessa, il pasticcere da che mi ricordi l'ha sempre fatta uguale, diametro, peso consistenza, disposizione del decoro e l'immancabile augurio ricamato sopra con la cioccolata. Almeno in una cosa gli riconosco il talento, è sempre buona!! E poi arriva il momento del regalo, mi rendo conto che non è facile trovare un regalo adatto per un ragazzino di 15 anni, diciamo che mia mamma - bontà sua - in questo non se la cavava proprio bene, ma a me in fin dei conti importava poco. Beh, quell'anno, quel giorno del gennaio 1982 andò alla grande. Ricevetti una pubblicazione della Parigi Dakar. Bellissima, rilegata con foto stupende di piloti fra le dune, le auto e i camion, che emozione, avevo gli occhi lucidi. Le prime volte li avevo visti in tv e ne ero rimasto affascinato, e ora potevo sfogliare questo libro, tra le mie mani passavano pagine di piloti con le loro tute in pelle coloratissime, sporchi di polvere ma felici e determinati. Tifavo per tutti perchè tutti davano il massimo e non so cosa avrei dato per essere lì in quel caldo soffocante, in quel frastuono di scarichi e rombo di motore, in quel momento nacque un desiderio irrefrenabile, volevo andare alla Parigi Dakar ....!



Oggi è il 26 dicembre 2011, sono in Marocco Casablanca appena catapultato da Milano con il resto del gruppo. Raggiungiamo il punto prestabilito e li troviamo Mirco che con perfetta efficienza ha già preparato e allineato le nostre moto, pronte per questa avventura. La prima cosa che notai anni fa quando conobbi questo riminese verace, è la cura e l'attenzione, quel modo preciso nel disporre e prendersi cura dei mezzi come solo un pilota sa fare, perché ci tiene. Lo saluto con un abbraccio, avrei voluto fare il viaggio con lui, ma impegni familiari hanno fatto si che la mia partenza slittasse di un paio di giorni. Almeno non ha viaggiato solo, Andrea e Werter, gli angeli custodi hanno condiviso con lui la traversata in traghetto. Raggiunti il 25 a Tangeri in aereo da Giorgio e Claudia, una coppia incredibile.
Quando riesco a rilassarmi? Quando ho cominciato a percorrere i primi 50 km in moto, ora cominciavo a percepire qualcosa di questo viaggio, finora è stato tutto un corri avanti e indietro. Finalmente assaporavo l'odore del salmastro dell'Oceano Atlantico, .. ora vedevo ... un distributore! Fermati! Le moto sono quasi a secco! OK Ok .. va bene, era solo un pò di poesia, e che diamine! D'accordo! poeta in terra straniera, ora fai cenno al gruppo di entrare in area di servizio! Durante la pausa pranzo cominciamo a conoscerci un pò meglio, ci sediamo facendo posto anche agli altri e man mano che il tempo passa avverto una strana sensazione, potrei rappresentarla come un filo che lentamente inizia a legarci tutti, quel filo che man mano che ci avvicineremo alla metà diventerà una gomena forte e robusta, la chiamo coesione.



27 dicembre 2011: Cap Tafelney, oceano Atlantico, una stupenda baia, dove i pescatori tirano ancora a riva le barche con l'ausilio di cavalli. E dove cucinano un pesce favoloso!
Scusate per la mancanza, non ho presentato il gruppo, beh lo faccio ora. Non so per quale arcano mistero mi ricordo i nomi dei luoghi alla perfezione, strade ecc, ma l'associazione nome e faccia dei compagni di avventura mi è piuttosto ostica e "solo" dopo una decina di giorni non sono più cosa o coso. Dunque, c'è Mirco capoteam e responsabile di tutta la faccenda, Werter (il Nestore di Budrio), Andrea (Riminese da esportazione), Giorgio (in arte Manny) e Claudia, e poi Massimo, Claudio e la family Fabrizio, Pina e Elena. Finito ... e no ci sono anch'io.



28 dicembre 2011 Agadir– Tiznit
Il programma di oggi è molto interessante in quanto prenderemo la R105 deviando verso l'interno e dirigendoci al Passo di Tafroute a circa 1700 metri. Quello che mi affascina del Marocco è questo cambiamento repentino del  paesaggio che trovi improvvisamente. Ed è tutto così, da nord a sud. Panorami che non ti saresti mai immaginato di vedere non appena esci da una curva. E non riesci a tirare dritto, ti cattura al punto che devi scendere dalla moto, toglierti il casco, respirare quell'aria e bere con gli occhi questo spettacolo e farlo ancora e poi ancora fino a quando sei sazio ... e poi ricomiciare daccapo.
Io adoro il deserto, ma la montagna ha molto da raccontare sopratutto per la sua conformazione e per i suoi piccoli centri abitati.



29 dicembre 2011 Tiznit - Tan Tan
Il percorso di oggi si snoda sulla N1, è una strada di grande importanza, nei prossimi giorni ci condurrà fino al confine con la Mauritania. Transitano molti mezzi dai camion ai camper di turisti che si fermano sulle meravigliose coste a picco sul mare. La prima tappa è la Plag de Lagzira, una splendida baia famosa per le Zampe di Elefante
Mi ha colpito la stratificazione rocciosa.



30 dicembre 2011 Tan Tan - Layounne  (330 km)
7 gradi! Ogni mattina è così, da quando siamo partiti da Casablanca questa è la temperatura che leggiamo sul cruscotto e al massimo arriva a 23° nel pomeriggio. Man mano che si scende verso sud cominciano finalmente ad alzarsi.
Stamattina fuori Laayoune anche la nebbia! L'effetto è surreale e mi piace da matti, il sole ci saluta e ci mostra la sua forza e  l'incanto finisce presto. L' N1 ci porta a ridosso della costa, le scogliere alte sul mare disegnano un merletto frastagliato dove si infrange l'onda oceanica. Diversi camper di turisti sono fermi qua e là. E' un panorama notevole, si avverte la forza di questo oceano che lentamente ed inesorabilmente erode senza sosta e senza fretta questi bastioni che altro non erano se non fondali marini. Credo che la regola di queste terre africane e dei suoi abitanti sia questo muoversi lento e cadenzato, ogni passo è in sincronia con l'ambiente, con l'onda del mare e con la raffica del vento. Anche noi che percorriamo queste strade avvertiamo questo ritmo ma ci entriamo a fatica, dentro ai nostri caschi e alle nostre tute, leggendo gli strumenti, non siamo sincronici con il contensto. Ma quando ci fermiamo e ci liberiamo di queste sovrastrutture è come aprire una finestra per dare luce ad una stanza buia. Si spalanca su di noi questo mondo fatto di sabbia, pietra e oceano. L'essenziale è di fronte a noi, ci sorride invitandoci ad assaporarlo.



31 dicembre 2011 Layounne - Dakhla (550 km)
Oggi è il 31 dicembre, fine anno e io che l'ho passato sempre con Lydia, oggi mi trovo qui lontano da casa, mi fa uno strano effetto, cerco di immaginarmi cosa starà facendo in questo momento, probabilmente anche lei starà facendo lo stesso, non so ... Riporto l'attenzione sulla strada, tira vento, vento teso che porta la sabbia del deserto con sè, bisogna guidare in leggera sbandata compensando la raffica e come se non bastasse anche le turbolenze causate dai mezzi pesanti che incrociamo in senso opposto. Mi ricorda per certi versi quando tira la bora dalle mie parti, abitando fronte mare è "normale" sentire la sabbia e il sale portato dal vento a più 80 km/h, una sabbiatrice naturale! Qui arriva solo il vento dal deserto, ma almeno porta un aria asciutta che alza un pò la temperatura ed è molto gradevole. Il vento è qualcosa che non si può fermare, non ha densità, è impalpabile e ti scorre fra le dita. Se gli frapponi degli ostacoli non fa altro che aggirarli. In questo momento vorrei essere una molecola di vento e vedere dove posso arrivare spinto verso l'immenso dell'oceano che si infrange alla nostra destra. L'obbiettivo è quello di arrivare a destinazione entro un certo orario per dar modo a tutti di prepararsi per la serata. Ripenso a casa, a mio padre. Non sono triste, è solo che la mente cerca delle immagini del quotidiano per farmi sentire più vicino. Vorrei che fossero con me, sul mezzo di Mirco ma è solo egoismo il mio, volere che tutto in questo momento ruoti intorno a me. Sono qui perchè l'ho voluto e ora vivo questo momento, faccio esperienza di questo stato della mente. Lo sguardo scorre sulla strumentazione, è giunta l'ora di fermarsi, carburante e una pausa ristoro.

Dakhla si trova alla fine di un istmo di sabbia, non appena scendiamo da un altura lo scenario che si presenta ai nostri occhi è quello di decine di vele da kytesurf .... incredibile! ... del resto il vento non manca!!



01 gennaio 2012 Dakhla - Nouadhibou (Mauritania)  (460 km)
E' il primo dell'Anno Nuovo, la sera prima abbiamo trascorso una serata stupenda fra amici, tutti lontano da casa ma tutti uniti. Festeggiato la mezzanotte ora italiana e poi a letto, domattina ci tocca una levataccia, alle 7.30 in marcia per la Mauritania. Mirco vuole essere in frontiera entro le 12,30 onde evitare che le lungaggini burocratiche ci facciano arrivare tardi alla meta. La mattina mi alzo sempre per primo perchè così non ci intralciamo nei preparativi, sono le 6.00, Mirco dorme ancora, esco sul terrazzo e ammiro l'alba del Nuovo Giorno (così sembra tanto il sequel di un film apocalittico). Tira ancora lo stesso vento di ieri. Il sole irradia i suoi raggi che sono come oro puro che si fonde con le case, la vegetazione, le pareti dell'hotel, sulla mia faccia e sulle mani. Ringrazio e rientro in camera ... sono felice!!! Suona la sua sveglia, il Bettini si alza, mi guarda e riesce a malapena a darmi gli auguri. E' fatto così la prima mezz'ora è di ripresa, poi va a manetta tutto il giorno.

Siamo in sella, ripercorriamo a ritroso i 50 km dell'istmo di Dakhla, lungo la strada scorgiamo un paio di
veicoli che si sono ribaltati nella notte finendo la loro corsa nel sabbione sottostante la strada. Sono vuoti, procediamo sulla N1 in direzione sud. La giornata si fa nuvolosa e fresca, il vento non cala e la sabbia nemmeno. Velocità costante 100/110, percorriamo quasi 200 km senza sosta. Lungo la strada sorpassiamo una colonna di veicoli militari, ci salutiamo con ampi gesti della mano. Il territorio da entrambi i lati è ancora minato, testimonianza di guerre stupide e assassine e quello che rimane a terra nuoce ancora.

Il paesaggio cambia repentinamente passando da una pianura piatta a un terreno cosparso di rilievi costituiti da formazioni coralline che si stanno disgregando a causa dell'azione combinata della sabbia spinta dal vento e dal sole. E' uno scenario incredibilmente suggestivo attraversare quello che in passato era un fondale marino! Per un istante mi è tornato alla mente il comandante Nemo che con il suo Nautilus usciva per passeggiare sul fondo del mare. L'immagine fluisce portata dal vento e si perde fra questi conglomerati marini color ocra come un foulard lasciato al vento. Da qualche parte rimarrà impigliato con tanti altri pensieri lasciati da altrettanti viaggiatori.
Ore 12,45, raggiungiamo la frontiera marocchina e qui nell'attesa del disbrigo delle formalità doganali incontriamo uno scuterista italiano che a cavallo del suo SH e scortato da 3 Punto raggiungerà il Mali, non sarà l'ultima volta che lo incontreremo.
Attraversiamo la "terra di nessuno" quel lembo di terra che fa da cuscinetto fra i due paesi dove la strada in realtà è una semplice pista di pietra e sabbia.

Entriamo in Mauritania, onestamente non è così che mi immaginavo un posto di frontiera ma devo abituarmi a questo, come mi disse Mirco: questa è la porta dell'Africa. Si passa da una forma di ordine al quale mi ero abituato in Marocco ad un nuovo aspetto, quello mauritano, guardo senza giudizio, osservo senza discriminare. Sono un viaggiatore non un turista. Dopo una lunga attesa fatta di peregrinazioni fra l'ufficio assicurazione, l'ufficio di cambio e l'ufficio immigrazione dove un solerte e non meno interessato ufficiale ci accompagna tenendoci letteralmente per mano (ma questo è un segno di cortesia in Mauritania), lasciamo la frontiera e ci immettiamo sulla Autoruoute Nouadhibou che ci porterà a Nouadhibou (ovviamente). La città è molto caotica, molto probabilmente rappresenta un clichè di tante città dell'Africa. Non ho scattato foto perchè non avevo nè tempo nè tantomeno voglia da quanto ero impegnato a raggiungere l'hotel senza perdermi nei meandri di questa città e sopratutto evitando di farmi investire da una moltitudine di Mercedes 190D ridotte in condizioni inenarrabili  e condotte in modo assolutamente - come dire - genuino e disinvolto dagli automobilisti mauritani.



02 gennaio 2012 Nouadhibou - Nouakchott (500 km)
Sabbia in terra, sabbia in cielo. Il vento compagno instancabile corre con noi sulla Autoroute in direzione sud verso la prossima tappa Nouakchott, capitale della Mauritania. Non scorgiamo il sole perchè il cielo è velato di sabbia, si percepisce un bagliore diffuso ma non si distingue l’origine. Siamo partiti alla svelta, sento l’impulso di voler scappare da questa città della quale ho visto poco, anzi niente, ma che mi ha lasciato dentro una certa ansia. Sono in fuga come il sole dalla notte e vivo nell’illusione che  quanto vedrò oggi sarà sicuramente diverso, come se mi ridestassi da un brutto sogno. Questo è ciò che penso ma il cuore mi dice tutt’altra cosa. Siamo in viaggio da due ore su questo nastro nero di asfalto che si stende davanti a noi all’infinito, preciso e definito nel suo limite, in perfetto contrasto con il colore ocra della sabbia. E’ un equilibrio precario, la sopravvivenza della strada che rischia di essere fagocitata dalle dune desertiche che avanzano inesorabilmente e che l’uomo tenta di addomesticare con le ruspe. Una lotta che è iniziata da quanto era una semplice pista e che andrà avanti all’infinito, forse ... Osservo le mie braccia, mi guardo le gambe e il petto, l’aria sembra melassa liquida che permea ogni cosa, attraversarla mi da la sensazione di movimenti lenti, impacciati e appiccicosi. No! Oggi è diverso, voglio vedere le cose con occhi distaccati, voglio osservare attentamente per cogliere la meraviglia, ma ci sono già, ci sto viaggiando dentro. Cerco un punto adatto alla sosta ma non ne trovo, il vento preleva la sabbia dalle dune e ce la lancia addosso. Scorgo in lontananza una zona piatta coperta di bassa vegetazione, si, mi fermo qui, chiamo Mirco per radio e l’avviso.

La strada è quasi deserta e ci invita a correre. Dietro questa collina le lingue di sabbia avevano ricoperto il manto stradale. Una velocità adeguata ci ha consentito di superarla senza troppa difficoltà.

Da quando abbiamo lasciato Nouadhibou, abbiamo costeggiato il Parco Nazionale del Banc d'Arguin, si estende per 150 km fino al mare e arriva fino alle porte di Nouakchott.

Dovunque io posi lo sguardo, fra la sabbia si trovano centinaia conchiglie di tutte le forme, sono lì, gusci vuoti che aspettano un onda che le riporti al mare, un onda che non arriverà forse mai. La sabbia nasconde e rivela e poi ricomincia, un continuo ciclo, starei qui delle ore a cercare fra la sabbia tesori nascosti e mai ritrovati, oggetti appartenuti ad antiche carovane, mi passano tante cose per la mente guardando questo panorama che cambia ad ogni battito del nostro cuore, ecco si la mutevolezza. Forse è per questo che amo il deserto, è mutevole come il mio carattere.

Ci fermiamo lungo la strada per fare carburante e per uno spuntino. Sul fuoristrada allestito per il deserto non manca nulla, e anche la cucina non è da meno, Mirco tira fuori una affettatrice e in pochi minuti viene "immolato" un bel pezzo di speck. Segue l'immancabile caffè e poi in marcia!

Ad una cinquantina di km dall’arrivo a Nouadhibou incontriamo un altro italiano che in sella al suo 1150 in solitaria raggiungerà il Mali. Si chiama Diego,in arte “Fagot”, un tipo molto simpatico, viaggiamo tutti insieme fino alla capitale. Rimarrà con noi fino al mattino successivo quando noi alle 7.00 ripartiremo per la frontiera senegalese.



03 gennaio 2012 Nouakchott – St. Louis (Senegal)   (330 km)
Sono passate le otto di sera quando giungiamo a St. Louis, parcheggiamo le moto e dopo aver scaricato i bagagli dal fuoristrada entriamo in questo famoso hotel De La Poste.
Sono poco attento e noncurante di ciò che mi circonda, tiro dritto verso la camera con Mirco che mi precede. Una volta dentro, con la tuta ancora addosso mi guardo, Mirco a sua volta mi scruta con aria fra l’interrogativo e il perplesso ed esclama: E io di rimando: Osservando la tuta sembra che mi sia buttato addosso un sacco di cemento, la polvere  è arrivata ovunque e ad ogni mossa lascio una scia di polvere dietro di me. Basta questo è troppo, entro in doccia vestito e mi lavo l’abbigliamento. Il piatto doccia da bianco passa al grigio e poi al nero,  come il nero della notte quando siamo partiti stamattina da Nouakchott …

Nouakchott, prima dell’alba: lasciamo l’hotel che è ancora notte, ci muoviamo a bassa velocità destreggiandoci fra il reticolo di strade, figure scure ci passano davanti, auto senza luci ci affiancano e ci sorpassano come falene in cerca di un bagliore che le guidi in una notte che sta lasciando il passo all’alba. Mi affido al navigatore è dopo un lungo periplo ci innestiamo sulla N2 Autoruoute Rosso che ci condurrà verso il confine con il Senegal. L’alba ci coglie fuori città, ci fermiamo per scattare qualche foto, Mirco è  indietro, si è fermato per prendere delle provviste.

Riprendiamo la marcia, la giornata è diversa, quello che ci circonda è cambiato, incontriamo i primi villaggi che si susseguono sempre più frequentemente. La parte meridionale della Mauritania è più viva, il vento ci ha lasciato e finalmente cominciamo a vedere il cielo, il sole si sta alzando sopra di noi, oggi è una grande giornata, non so perchè lo pensi, non credo che sia unicamente per le condizioni meteo, è qualcosa che sento dentro, sono felice, felice di compiere gesti semplici ma rassicuranti. Sono in armonia con me stesso e con il luogo che sto attraversando, la strada scorre veloce e silenziosa sotto le ruote. Tutto sembra semplice a prima vista, sali in moto, accendi e parti e poi arrivi, non è così. Ci sono molte sfumature da cogliere in ogni viaggio breve o lungo che sia, per quanto noi possiamo correre veloci i messaggi ci raggiungono, le voci ci parlano e se le sappiamo ascoltare ci raccontano delle storie, dentro ad un casco non ci sono vie di fuga, sono io con me stesso, io e quella parte di me che tante volte vorrei lasciare indietro, abbandonare da qualche parte, ma che alla fine non posso lasciare perchè fa parte della mia vita, cammina con me.  Guardo il roadbook e poi il parziale, ci stiamo approssimando al punto prestabilito. Ci fermiamo qui.

Proseguiremo su questa strada fino a raggiungere il bivio con Rosso, ma il nostro obbiettivo è quello di costeggiare il fiume Rosso dove è situato il Parco Nazionale per poi entrare in Senegal da Diama, questo ci farà risparmiare parecchi chilometri di strada. Una regola che ho imparato in questo viaggio è che la strada a volte è una pista e a sua volta la pista potrebbe essere una strada. Quello che è certo è che arriveremo al confine con il Senegal dopo aver percorso 130 chilometri di pista polverosa. Lascio la mia macchina fotografica alla Pina, passeggera sul fuoristrada. Beh che ci crediate o meno sono stati chilometri nei quali ho mangiato la polvere del fesch fesch quando ci sono letteralmente atterrato dentro, dove mi sono trovato a correre sugli argini del fiume mentre ci attraversavano i facoceri, dove non ho visto un accidente di niente perchè ero impegnato ad andare, dove ho visto le facce felici dei compagni, dove tutti spingevamo ed eravamo spinti, dove ci appoggiavamo per terra e ripartivamo ... dove tutto questo è accaduto e sono onorato di averlo vissuto con tutti loro.

Entreremo in Senegal un ora dopo, ma ne attenderemo circa quattro in dogana. Quando finalmente riusciremo a mettere piede in Senegal sarà quasi sera. Percorreremo gli ultimi 30 km "scortati" da agenti doganali che con la scusa di farci evitare controlli di polizia, dopo una lauta mancia ci guideranno fino all'hotel. Qui incontreremo di nuovo Diego, il viaggiatore solitario che avevamo salutato la mattina a Nouakchott.

L'avventura volge al termine, moto, auto assistenza e rimorchio sono sigillati in un container che arriverà a Genova entro la fine del mese.
E' stato un'esperienza che ha superato ogni più rosea aspettativa.
Dal porto di Genova il 22 dicembre all'arrivo degli aviotrasportati il 26 a Casablanca.
Dal freddo del Marocco sotto un cielo terso al nulla del Sahara occidentale ; dalle sabbie della Mauritania ai Baobab del Senegal.
Il lago rosa di Dakar ha segnato l'arrivo della nostra avventura. Un ultimo ritaglio esotico sulla spiaggia del nostro hotel di Dakar prima di rientrate alla base.
Grazie a tutti gli amicii che hanno decretato il successo del raid e complimenti a Roberto, prezioso collaboratore e guida in moto sempre premurosa e disponibile.
Sicuramente un esperienza da ripetere.

Mirco Bettini.

 

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